
102/377: Castiadas
ISPIRAZIONE
Parto da casa di Mariano e, dopo aver preso un caffè al volo con l’amico Alberto, mio maestro d’orchestra ai tempi del Conservatorio, prendo la strada costiera per Castiadas che non ho fatto ieri per venire. C’è molto vento ma la vista sulla costa mi fa dimenticare la fatica delle salite. Punta Molentis dall’alto, e poi l’Isola di Serpentara e la discesa verso Costa Rei. Proseguo in direzione Castiadas Centrale (sembra il nome di una fermata del metrò), ai piedi delle montagne, dove arrivo dopo una salita lunga e costante. Non ho ancora ben chiaro che oggi farò ancora molti chilometri in bici!
Mi stanno aspettando Alessandra e la guida Rafaela che mi racconta la storia di quest’area, dove l’elemento principale è la ex Colonia Penale, ormai chiusa dagli anni 50, in parte ristrutturata e contenente un museo, oggi chiuso. Il complesso era un villaggio autosufficiente dove i carcerati lavoravano alla costruzione e mantenimento del complesso e anche alla produzione di tutti i beni di consumo necessari. Oltre al corpo centrale, intorno chi sono alloggi dove ancora oggi vivono famiglie, la chiesa di San Basilide, il patrono dei detenuti, la casa del direttore e il distaccamento Sa Mandria dove ora sorge un anfiteatro per concerti ed eventi.
Conclusa la visita a Centrale mi rimetto in bici e seguo la macchina di Alessandra verso Olia Speciosa, dove si trovano il Comune, le scuole, circondati da un bel bosco di eucalipti, e addirittura la cantina sociale. Castiadas faceva parte del Comune di Muravera fino al 1986. Non ha un vero e proprio paese, ma è formato da qualche centro abitato (oltre a quelli già citati, anche il borgo dell’Annunziata, San Pietro) creati dall’ETFAS (Ente di Trasformazione Fondiaria e Agraria della Sardegna) e moltissime case sparse nel territorio.
Salutata Rafaela, Alessandra mi porta a vedere la sede dell’Associazione Culturale Mariposa, con la quale organizza eventi di vario tipo, e poi a casa sua dove per pranzo ci aspettano il compagno Domenico, e gli zii Lucio e Signora Teresa che ha preparato i culurgiones (premonizione dell’Ogliastra verso dove son diretto!). Nel pomeriggio io, Alessandra e Domenico ci dirigiamo sulla costa. Anziché visitare la famosa e bellissima Cala Pira dove sono già stato in passato, ci dirigiamo in Località Santa Giusta.
Chiedo di portarmi allo Scoglio di Peppino. Questa località, al confine col Comune di Muravera (ma anche qui c’è una diatriba in corso sulla proprietà di questo scoglio!), battutissima d’estate, oggi è deserta…non si può dire non ci sia un cane, perché un cane c’è e me lo accarezzo tutto, sulla sabbia bianca finissima! Il granito tondeggiante alla fine della lingua di sabbia è effettivamente bellissimo e dolcemente scolpito da erosione ventosa e marina. Dietro la spiaggia le dune, ricoperte da fitti ginepri, che attraversiamo per rientrare alla macchina.
Rientrati a casa di Alessandra mi rimetto per la terza volta in bicicletta per percorrere i chilometri che mi separano dall’agriturismo TerreMesu di Sandra e Paolo che mi ospiteranno. Attraverso il territorio di Castiadas, visibilmente colpito dalle ultime alluvioni di ottobre, letti di fiume ripieni di massi, strade parzialmente distrutte dalle piene, e detriti sabbiosi dappertutto. Mi inoltro in una strada interna che porta all’agriturismo, ormai già territorio di San Vito, dove sarò domani.
Sandra e Paolo mi accolgono, mi mostrano la realtà che hanno costruito, dopo aver scelto di abbandonare la città per vivere in campagna, allevando animali e coltivando la terra. Il luogo è incantevole, proprio sotto le montagne, e grazie alla presenza di un pianoforte riesco a passare un po’ di tempo a comporre ispirato dalla pace e silenzio tutt’intorno.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Signora Teresa, origini Ogliastrine, ha vissuto 12 anni a Saronno, prima di ritornare definitivamente a vivere qui. Quando viveva in Lombardia, Teresa faceva sempre un sogno ricorrente, sognava di vivere in un paese che non esiste, tra Villasimius e Castiadas, e che qui faceva delle attività sociali. Il sogno era sempre lo stesso: c’era una persona alla quale lei doveva spiegare che cos’era quel rivolo di sangue che si vedeva scorrere, il rituale dell’uccisione del maialetto sardo. Alla stessa persona doveva poi spiegare perché i bambini avevano tutti la pancia grandissima, come quelli africani, perché erano afflitti da una grave malattia.
Tornata a Castiadas, Teresa ha iniziato a lavorare ai servizi sociali, e si è resa conto che il sogno era un richiamo alla terra d’origine e al suo ruolo nella società. E scopre comunque una realtà difficile anche qui. Ricorda ancora lo shock quando, tornata, aveva ritrovato tutte le case chiuse da cancelli che prima non esistevano “un tempo ci si ritrovava sempre fuori di casa a parlare con i vicini, ora ognuno sta a casa sua ed è sparito quel senso di comunità”…dev’essere tutta colpa dei cancelli!