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169/377: Pattada

ISPIRAZIONE

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Il viaggio di oggi è forse il peggiore di tutto il viaggio. La strada è quasi tutta in salita, vento forte e pioggerellina che poi aumenta fino ad acquazzone, e ci sono 8 gradi. Non sembra una giornata di maggio ma più simile a quelle che a novembre scorso mi hanno accompagnato lungo il percorso. Quando arrivo ad un lago la temperatura è scesa ulteriormente e l’umidità al massimo.

Arrivo in paese completamente fradicio e infreddolito, e mi accoglie Tonino, amico avvisato dall’ormai mitico Pietro di Orosei, che ha contattato Pietro, Antonella e Gianpiero dell’Associazione Ai Bilozziu e Arkenatour, e la guida forestale Gianni, che arrivano tutti ad incontrarmi. Mi scaldo con un thé caldo e dopo essermi cambiato all’hotel sono pronto per iniziare un giro di alcuni produttori di quello che è il simbolo del paese: il coltello pattadese.

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Prima tappa la Bottega Fogarizzu, dove la tradizione di costruzione del coltello si tramanda da generazioni, oggi dal padre Boiteddu ai figli Tore e Gianmario. Il laboratorio è bellissimo, uno spazio d’altri tempi, e Gianmario, che ha già acceso il fuoco, mi mostra alcune fasi di lavorazione. Appena la brace raggiunge una certa temperatura Gianmario ci mette su la sbarra d’acciaio, che pian piano diventa rossa. Subito dopo passa all’incudine, la fase più interessante, perché mentre batte il ‘ferro’ caldo si producono ritmi interessanti, passando dal metallo al bordo dell’incudine per ripulire il martello dalle impurità accumulatesi.

Sul tavolo centrale, insieme ad attrezzi, anche pezzi di corna di montone. Avevo già visto un video sulla lavorazione di questo materiale ad Arbus, e chiedo a Gianmario se mi può mostrare dal vivo come si dà forma dritta al corno tutto ricurvo. Lui ne prende un pezzo, lo lascia al fuoco per un po’ e poi lo mette tra i lati una pressa. Dopo 10 minuti il corno si è raffreddato e tiene la forma dritta. Infine ci mostra fiero un cucchiaio/mestolo tutto in corno, e ci racconta del nonno che li faceva con grande pazienza.

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La prossima è un’altra bottega di coltelli, questa volta completamente diversa. Antonio Fogarizzu infatti produce coltelli dal disegno contemporaneo. Il suo laboratorio sembra più quello di un orafo. I manici dei suoi coltelli sono la cosa più impressionante, intarsi finissimi con materiali pregiatissimi. Mi mostra un modello in lavorazione e mi mostra la lama, non affilata, dicendomi che la maggior parte dei compratori sono collezionisti e che spesso la lama non viene affilata perché il coltello non verrà utilizzato a fini pratici.

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Da qui ci spostiamo alla bottega di Piero Virdis. Questa volta trattasi di un liutaio. Non appena entro mi sento subito a casa, violini appesi, dime, attrezzi del mestiere, e qualche violoncello. Piero mi racconta un po’ della sua attività, iniziata dopo gli studi col maestro liutaio Bissolotti, che grazie a dei fondi della Regione Sardegna, nel 1998 diresse un corso di liuteria biennale qui a Pattada. Da allora gli strumenti di Piero sono venduti un po’ in tutto il mondo. Ne approfitto per dare una controllata dentro l’ukulele, e poi per provare un violoncello, che suona benissimo (al massimo sono io che..)

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Nel pomeriggio i ragazzi mi portano in campagna, nonostante la giornata sia orribile, decisamente invernale, vento forte e non abbia smesso di piovere un attimo. Ci dirigiamo verso Monte Lerno, un’altura a oltre 1000 m. Purtroppo è coperta dalle nuvole ed oggi sarebbe inutile salirci ad ammirare il panorama. Arriviamo alla diga sul Rio Mannu (un altro!), una struttura enorme che forma un lago artificiale, oggi molto pieno. Scendiamo sulle sponde del lago e ci avviciniamo ai resti di un villaggio medioevale, dove si trova anche un nuraghe. L’acqua del lago gli arriva proprio accanto.

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Rientrati in paese ci ritroviamo in centro, al bar per un aperitivo anche con il Sindaco Angelo, che avevo già visto a Santa Teresa di Gallura. Quattro chiacchiere e poi ci rechiamo in una sala prove dove alcuni ragazzi stanno suonando. Mi unisco a loro per una jam rock, prima che io e Gianni ci ritiriamo all’hotel per cenare. Sulla via del ritorno, passando dal picco di San Gavino, a 900 metri di altezza, assistiamo ad un tramonto incredibile. È stata una giornata lunga e faticosa dal punto di vista climatico e mi rendo conto di aver trascurato le belle architetture del centro del paese, che mi riprometto di fotografare la mattina dopo. Sperando che il tempo sia migliore!

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

“A Pattada avete 10 mesi di inverno e 2 di freddo!” – visitatore sardo.

“Voi cagliaritani siete fortunati, il clima sardo non lo conoscete” – qualcuno nell’entroterra sardo.

“Certo che siete proprio fortunati in Sardegna col clima” – turista milanese ad un pastore sardo. Risposta del pastore “venga a fare il mio lavoro tutto l’anno e ne riparliamo”.

Dopo l’exploit de “L’uomo che comprò la luna” nelle sale cinematografiche, abbiamo un nuovo personaggio, nelle sale consiliari, che sta cercando di vendere il sole, “questo nostro tempo” (ma quale??). Peccato (o per fortuna) la vendita non sia iniziata. Quest’anno avremmo dovuto rimborsare tutti i turisti che son venuti da fine marzo a fine maggio. E sarebbe stata una tragedia per l’economia sarda. Dunque sarebbe il caso di cercare di vendere qualcos’altro ai turisti, soprattutto fuori stagione. Magari aprire qualche museo perennemente chiuso? Sistemare qualche sito archeologico abbandonato a se stesso? Fornire strutture ricettive, servizi in bassa stagione a livello degli standard europei? E magari darsi una mossa a imparare un po’ d’inglese.

Sono in un bar sulla costa, fuori c’è troppo vento e freddo, e anche i turisti stranieri stanno al coperto. Alla cassa la cameriera cerca di capire se il turista deve pagare per (da come ho capito io) un cono a due gusti. E in maniera arrogante gli chiede “One ice two balls?”. Il turista la guarda perplesso. E lo sono anch’io. Lei insiste a voce più alta “ONE ICE TWO BALLS??”. Il turista continua a non capire. Non deve aver preso il gelato. In inglese la parola “ball” vuol dire palla, ma siccome non esiste un gioco con due palle, quando si parla al plurale, “balls” si usa spesso per indicare i testicoli (soprattutto se le balls sono due). E “ice” è diverso da “ice-cream”. Finezze (ma neanche tanto) della lingua inglese. All’affermazione “one ice two balls” l’unica cosa che viene in mente è un cubetto di ghiaccio con due palle intorno. Che forse, visto il freddo, è proprio quello che il turista si ritrova dentro le mutande. E la sua perplessità forse vuol dire “e lei come fa a saperlo??”