243/377: Sagama
ISPIRAZIONE
Nella calura di fine luglio mi lascio il Montiferru alle spalle per rientrare in Planargia, nel piccolissimo paese di Sagama, poco più di duecento abitanti, ma con una storia importante.
In Comune mi accolgono gli assessori Giacomo e Arianna, l’assistente sociale Giusy e Mario, il comandante della Compagnia Barracellare.
Nonostante la giornata caldissima ci mettiamo in macchina per andare a visitare i dintorni di questo paesino. Ci troviamo nell’altopiano di San Michele, dove le tracce archeologiche sono principalmente nuraghi. Ci fermiamo al nuraghe Mura de Ganes, nel mezzo di un campo inaccessibile.
Arriviamo fino alla chiesa campestre di San Michele Arcangelo, località dove si trovava Triganu, un paese medioevale ora scomparso, una situazione simile a quella che ho trovato ieri a Scano di Montiferro nella chiesa di Sant’Antioco.
Qui a San Michele la chiesa è stata ricostruita in stile moderno, e nonostante ciò il posto è magico, silenzioso, con un bel parco ombroso e una serie di sorgenti d’acqua che vengono canalizzate a formare dei laghetti.
Rientrando verso il paese ci fermiamo ad ammirare i resti del nuraghe Pascialzos. La vista si estende fino a Sagama, alle spalle del nuraghe e adagiata su una collina calcarea nel mezzo dell’altipiano basaltico.
Rientrati in paese finiamo il tour dei nuraghi visitando quello di Muristene, alla periferia, non lontano dalla chiesa parrocchiale. Questo doveva essere il primo nucleo abitato del villaggio e da qui si potevano vedere anche tutti gli altri nuraghi disseminati non solo in territorio di Sagama, ma anche negli altri comuni vicini, Flussio, Tinnura, Suni.
Prima del bellissimo pranzo organizzato da Arianna, riusciamo anche a vedere il menhir denominato “Sa Pedra Marmurada” nel mezzo della vegetazione di un soleggiato terreno, vicino al quale esisteva un tempo una fornace dove si producevano tegole.
Trascorro le ore più calde del pomeriggio al b&b Su Rizolu, in pieno centro storico, dove le proprietarie Tonina, Anna e Andreana mi raccontano dell’attività ormai scomparsa da Sagama, quella della produzione di tegole. Alcune di queste, la cui forma era data delle cosce delle donne che le usavano proprio come stampi, rimangono in esposizione nel loro bel giardino.
Calata la temperatura è il turno delle chiese nel paese. La parrocchiale di San Gabriele Arcangelo è alla fine della strada principale, con la bella facciata tutta in calcare bianco, ed il basso campanile al lato. La chiesa è chiusa e non riesco a vedere l’antichissima statua del santo, del 1388, prodotta nella bottega di Nino Pisano a Pisa.
Tra le bellissime stradine del centro, si trova la chiesa medioevale del Carmelo, con degli interessanti dettagli nella facciata, e poi poco lontano, salendo nella zona alta dopo aver attraversato vicoli e scalette, arrivo alla chiesa di Santa Croce, proprio accanto al deposito dell’acqua che sembra fargli da campanile!
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Dal nome del nuraghe prende anche nome l’associazione culturale e sportiva Asd Muristene, di cui fa parte anche Mario e che, in collaborazione con il Comune, ha organizzato una serata musicale alla quale è stata invitata tutta la popolazione.
Siamo dunque raccolti in una bella piazzetta, in un’atmosfera estiva rilassata e, come ho già fatto ormai innumerevoli volte, racconto il mio viaggio con storie e interventi musicali. Tra il pubblico, in prima fila, un gruppo di bambini attenti e partecipativi.
Scopro che qui a Sagama le scuole hanno chiuso nel 1999. Una situazione che ormai affligge, in una lenta sequenza, molti piccoli paesi. I bambini di Sagama son costretti a viaggiare nei paesi vicini, dalla materna in poi: Flussio, Tinnura, Scano di Montiferro, Suni.
Considerate le distanze (4 chilometri a Flussio), la situazione qui è migliore che in tanti altri luoghi (probabilmente richiede meno tempo e stress raggiungere la scuola da Sagama che non, per esempio, raggiungere una qualsiasi scuola di Cagliari per i cagliaritani!)
Tuttavia la chiusura delle scuole nei piccoli comuni è un serio problema e uno degli aspetti che contribuiscono, insieme alla lunga lista di chiusure di servizi essenziali, al lento abbandono di questi centri dalla storia millenaria, e che potrebbero invece essere piccoli luoghi di residenza per una vita idilliaca.