
262/377: Ottana
ISPIRAZIONE

Il percorso di oggi è facile, leggeri sali e scendi collinari percorrendo la vecchia strada che corre parallela alla 131 DCN. Unico problema è il caldo. Siamo nella zona notoriamente più calda della Sardegna, e percorrerla ad agosto era una delle mie paure del viaggio.
Ed invece ad Ottana ci arrivo fresco. Questo è un paese che ho sempre e solo ‘attraversato’ ogni volta che sono andato a Gavoi, paese natale di mia nonna e mio padre. Sono contento di poter finalmente approfondirne la conoscenza.
Incontro Gian Paolo, ex sindaco, che ha organizzato la mia accoglienza e le attività della giornata. Dopo aver lasciato tutto all’hotel Il Platano, proprio all’uscita in direzione di Gavoi, io e Gian Paolo ci dirigiamo all’ingresso principale del paese per ammirare una grande scultura nella rotatoria, opera di Tonino Loi di Belvì, che rappresenta le due maschere tipiche del carnevale locale: il ‘boe’ e il ‘merdule’.

Proseguendo per la via principale si arriva allo slargo dove si trova la bellissima chiesa di San Nicola, finita nel 1160, tutta di trachite rosso scuro e nera. Gian Paolo mi fa notare vari dettagli della facciata e dei due lati, profondamente diversi tra loro per quanto riguarda le aperture e decorazioni. Intorno si trovava il cimitero e di recente, nel retro della chiesa, son state trovate sepolture di vecchi vescovi.
All’interno della chiesa si trova un famoso dipinto che raffigura Mariano IV d’Arborea, opera di un ignoto artista di scuola toscana. Gian Paolo mi racconta che non troppi anni fa un fulmine colpì l’altare squarciandolo. Dalle macerie emerse un tubo di piombo con una pergamena con data di inaugurazione della chiesa e un documento tutto scritto in sardo, del 1474, che attestava il primo concilio dei vescovi sardi.

Da qui ci muoviamo di poco per arrivare alla piazza antistante la chiesa di Sant’Antonio, dove si trovano tre sculture dello stesso Gian Paolo, rappresentanti le due maschere, più una terza meno conosciuta, la ‘filonzana’, unica figura femminile del carnevale.
Sulla piazza si affaccia la bottega di maschere artigianali Caratzas, dove, all’esterno, Franco Maritato sta lavorando ai dettagli finali di una maschera, mentre un suo giovane apprendista sta sgrossando il legno che mostra già le forme di una maschera. All’interno posso ammirare una serie di maschere storiche, alcune antiche e molto rozze nella fattura, testimonianza di quando forse mancavano i mezzi ed il tempo per produrre oggetti artistici di qualità.
Ci spostiamo verso la nuova chiesa di Santa Margherita, interessante per il fatto di essere stata costruita accanto ai ruderi di una vecchia chiesa, parallela ad essa e che ne ricalca in parte la forma. Qui dietro si trovano i resti di terme romane, proprio accanto alla 131 DCN. Probabilmente l’acqua termale di Bultei e Benetutti veniva canalizzata fino a qui.

Per concludere la mattina ci spostiamo nel centro storico, alla bella Casa Barca, una vecchia casa padronale ristrutturata dal Comune, dove oggi si trova Museo MAT (Museo Arti e Tradizioni). Qui Elisa della cooperativa Sa Ilonzana mi illustra le maschere del carnevale locale, in una bella esposizione di artisti locali tra cui lo stesso Gian Paolo, suo padre Gonario Marras, Franco della bottega visitata prima, e Mario Cossu che conobbi nella mia giornata di Sarule.
Al piano superiore si trova una bella mostra di fotografie dell’antropologo danese Andreas Bentzon che fissò alcune scene del carnevale ottanese del 1958. Bentzon tornò in Sardegna nel 1962 e registrò alcuni canti di ragazze, contenuti nel CD del libro che Elisa mi regala. Tra l’altro Bentzon collezionò una serie di maschere, oggi una delle più importanti collezioni, che si trova al Museo Nazionale di Copenhagen. Concludo la visita con la visione di un bel documentario di Fiorenzo Serra che fissa con delle bellissime immagini il carnevale del 1957.

Dopo un buon pranzo a casa di Gian Paolo, ci raggiuge Simone, ‘mesu voghe’ dei tenores Santa Maria de Otzana, e ci dirigiamo in macchina a Mont’Urrò, un parco poco fuori il paese. Attraversiamo uliveti e mandorleti, intravedo delle cave di feldspati, e infine arriviamo all’ingresso del parco. Da qui saliamo a piedi sotto un caldo torrido verso la moderna chiesa di San Pietro e poi più su fino ad un punto panoramico. Come al solito ripasso mentalmente e visivamente i territori già battuti, il Marghine ed il Goceano appena battuti, le montagne del Nuorese percorse a inizio viaggio. Di fronte a noi il Monte Nieddu, l’ultimo avamposto del giudicato di Arborea, da qui in poi iniziava la Barbagia. Rientrando in paese mi indicano un costone roccioso pieno di domus de janas, Sas Concas.

Nel pomeriggio riposo e lavoro in albergo, non facendomi tentare dalla sua piscina, e riesco per andare a fotografare la chiesa di San Nicola al tramonto, con la facciata che assume colori diversi da quelli della mattina. Qui poi mi raggiunge Gian Paolo, e insieme ci rechiamo all’anfiteatro da dove sta per partire la ciclopedalata notturna organizzata dall’Associazione Sa Ilonzana. Pian piano si assembrano ciclisti di ogni età, bambini picolissimi, addirittura con biciclette con le rotelle laterali, ragazzini, adulti. Arriva anche il Sindaco, che da il via alla pedalata precedendo il gruppo con la macchina. Facciamo un giro largo del paese, c’è una bell’aria di festa e divertimento. A metà ci fermiamo, il sindaco distribuisce bevande, acqua, Coca Cola, poi si riprende, ormai al buio, e si ritorna all’anfiteatro.
Qui, in conclusione di serata, Gian Paolo mi intervista, io a cavallo della sua bicicletta, e suono l’ukulele, sempre a cavallo della bici, mentre tutti mangiano pizza e bevono. Applausi. Infine viene proiettato il film documentario “Il Colore della fatica” sulla storia del Giro d’Italia che compie un secolo. Per la prima volta mi interesso al Giro d’Italia, ma vengo catturato soprattutto dalle opere degli artisti futuristi che lo hanno rappresentato nei primi decenni del Novecento!
FRAMMENTI SONORI
Sa Voghe de su Voe
BREVI NOVELLE SARDE
Un ottanese emigrato a Roma rispose così alla domanda sul perché non rientrasse mai ad Ottana d’estate: “Meglio morto a Roma che vivo in estate a Ottana!”
Scherzi a parte, Ottana è uno di quei luoghi “controversi”, come Portovesme, Sarroch, Porto Torres, per la presenza del polo industriale, ormai chiuso, le cui famose due alte ciminiere sono visibili da tutto il territorio circostante. Scendendo da Gavoi, c’è un’angolazione per cui le due ciminiere sono proprio ai lati della chiesa di San Nicola, come due corna demoniache, blasfemia visiva, ricordo di anime operaie vendutesi al dio/demone industria.
Gian Paolo però mi ha parlato poco dell’industria e delle sue problematiche, e capisco che ormai qui sono proiettati verso un futuro diverso, che guarda alla cultura, alla ricerca e studio della propria storia e identità, alla trasmissione di tutto ciò alle nuove generazioni. Il carnevale e le maschere sono una forte tradizione ma non solo.
Sono intrigato quando Gian Paolo mi parla di un piatto in rame utilizzato nei secoli per raccogliere le offerte in chiesa e contenere i chiodi per S’Iscravamentu, la deposizione del Cristo dalla croce: “s’afuente”. La cosa che mi intriga di questo piatto è che oggi viene suonato con una grande chiave in ferro, e usato per accompagnare i balli a carnevale. S’afuente cela ancora dei misteri. Sulla sua superficie infatti si trovano dei caratteri cirillici che non stati mai decifrati e sono ancora in fase di studio da parte di esperti.
Ma la sorpresa più grande della giornata è quando Gian Paolo mi porge una maschera, bellissima, di legno solido e lucido, dicendomi: “Tempo fa feci questa maschera con la barba lunga, non sapevo proprio perché con la barba, ma ora lo so…prendila, è un dono per te”.