
292/377: Sadali
ISPIRAZIONE

Dopo la faticosa risalita da Seui arrivo all’esteso altipiano calcareo detto Su Taccu, su un versante del quale si trova Sadali, circondato da un territorio magnifico.
Entro nel paese dove un cartello mi ricorda la sua appartenenza ai i borghi più belli d’Italia e arrivo in Municipio dove mi stanno aspettando l’assessore ai servizi sociali Sonia e Linda, responsabile del servizio socioculturale e amministrativo, che ieri suonava il sax danzando nella Seui in Street Band!
Sono in buona compagnia per scoprire quello che viene chiamato il “paese dell’acqua”. Percorriamo la via principale, in discesa, che arriva alla zona più vecchia del paese, il nucleo originario attorno alla chiesa parrocchiale di San Valentino. Entriamo per ammirarne l’interno. Mi dicono che al di sotto dell’altare si trova una vecchia fornace romana del 500 d.C. dove si troverebbero numerosi scheletri. Impressionante il tabernacolo tutto placato in oro del 1600.

Attorno alla chiesa inizio ad ammirare l’acqua che scorre ovunque e che rende questo paese unico. Poco distante si trova la cascata di San Valentino, dove il verde ha ricoperto la roccia. Dietro la cascata visitiamo un vecchio mulino all’interno del quale si trovano ancora i vecchi macchinari.
Nelle strade intorno vi sono fontanelle un po’ ovunque. Costeggiamo la Casa Podda, un’antica dimora nobiliare, e raggiungiamo un’altra cascata urbana, nel mezzo delle case, la cascata Sa Pischera, così chiamata perché le sue acque vanno ad alimentare delle vasche dove vengono allevate trote. Più avanti si trovano i Giardini Podda, un vero e proprio parco attraversato da canali d’acqua, in cui si trovano i vecchi lavatoi, ancora utilizzati.

Camminando tra le vecchie case posso ammirare immagine storiche sui muri, e placche con detti popolari. Una targa ricorda Mundica Boi e Peppina Cuboni, due anziane che con le loro testimonianze contribuirono al recupero del centro storico.
Arriviamo fino alla Funtana Manna, la sorgente che alimenta tutto il sistema di acque. Qui vicino si trovano i ruderi di un altro mulino. Un tempo ce n’erano molti, in successione per tutto il sistema di canali e gore.

Ridiscesi fino alla zona più bassa del centro storico, dove si trova la piazza Eleonora d’Arborea con al centro una fontana, passeggiamo tra case vecchissime, alcune abbandonate, ma molte ristrutturate mantenendo le caratteristiche originali. Su un lato della piazza si trova la bottega del “Maistu e peddi”, e poco lontano quella del fabbro, dove entriamo per ammirare la miriade di cianfrusaglie sparse, come in un museo del disordine.
Arriviamo alla grotta Sa Ucca Manna. Questa enorme cavità è stata creata dalla lotta tra due tipi d’acque, la calcarea delle dolomie giurassiche che ha depositato i travertini, e la silicea del basamento scistoso paleozoico che invece corrode. Anche qui l’acqua scorreva con una forza tale da alimentare anche i macchinari per la lavorazione dell’erica usata per la costruzione di pipe, attività ormai scomparsa.

Dopo aver pranzato a casa dei genitori di Linda, nel pomeriggio ci rechiamo alle grotte Is Janas, sull’altopiano, dove ci accoglie Doriano, un geologo che fa parte dell’Ecomuseo delle Acque della Barbagia, il sistema integrato delle risorse culturali, naturalistiche e ambientali di Sadali. Visitiamo queste meravigliose cavità ricoperte di ogni tipo di concrezione calcarea, stalattiti, stalagmiti, mammelloni. Qui vivono anche delle specie endemiche uniche.

Usciti dalle grotte percorriamo un sentiero immerso nel bosco di lecci e sughere. Qui un tempo si produceva carbone, come testimonia la ricostruzione di una carbonaia. Più avanti troviamo una vecchia fornace per la produzione di calce. Tutt’intorno spuntoni calcarei che sembrano formare una vera e propria città di pietra. Arriviamo a un belvedere da dove posso ammirare ancora una volta la bellezza di questo territorio e della vallata del Flumendosa. Laggiù da qualche parte si trova Su Stampu de Su Turrunu, la cascata che ho visitato nella mia giornata a Seulo, proprio al confine tra i due comuni.
In questo territorio è stato ambientato e girato il film Aradia, del regista Luca Valdes, una storia horror ambientata nell’Ottocento. Rientrati in paese facciamo un ultimo giro per questo luogo magico, e un po’ misterioso, che non solo ha fornito luoghi e ispirazione per il film di Valdes, ma ha contribuito alla nascita della storia del “folletto”. Quando Daniela mi accoglie nel mio alloggio di stanotte, il bellissimo b&b Le Case del Folletto, e poi va via dicendomi di non preoccuparmi se dovessi sentire dei rumori durante la notte, inizio a sudar freddo.
FRAMMENTI SONORI
Sadali waters (include suoni registrati dalla cascata di San Valentino)
BREVI NOVELLE SARDE

“Gli uomini portarono dentro la piccola stanza il corpo ormai spento del giovane e lo adagiarono sulla stoa. Fu quello il suo ultimo giaciglio terreno. Intorno al fochile le donne di casa si riunirono a cerchio e iniziò quell’antico rituale che le riportava alla lontana notte dei tempi […] Le urla di dolore, le voci e i pianti per ricordare il loro cugino, marito, figlio e fratello che una mano sconosciuta aveva portato via”.
Così inizia la storia del “folletto”. Con un morto. A Oliena. Il fratello Salvatore decide di partire verso un luogo lontano portandosi via la mamma anziana e l’unica figlia Orsola. Si stabiliscono a Sadali, nella stessa casa dove sto alloggiando io stanotte, dove si diceva aleggiassero degli spiriti. Mentre la nonna, invecchiando, continua a sentire voci e rumori nella casa, Orsola scavando in giardino trova un tesoro, un sacco pieno di monete.
“Intanto il tempo scorreva velocemente, gli anni passarono e Orsola divenne una bellissima ragazza, mentre la nonna si ammalò ancora più gravemente. Urlava giorno e notte, soffriva le pene dell’inferno e ormai non c’era più niente da fare. Implorava il figlio e la nipote affinché chiamassero s’accabadora, perché la liberasse da quel tormento. Allora andarono a chiamare una vecchietta povera che abitava nel paese vicino e lei eseguì il suo compito”.
Una volta morta la nonna Orsola iniziò anch’essa a sentire voci nella casa. Un giorno si diresse verso quei rumori e vide un folletto vestito in modo bizzarro con un cappello rosso. Tra i due si instaurò una sorta di amicizia. Il folletto appariva saltuariamente ed era lì per custodire il tesoro di Orsola.
“Sin dalla sua infanzia aveva sentito parlare di quelli chiamati i massamurreddus, ma pensava che vivessero in grotte o anfratti, in mezzo ai boschi lontano dagli uomini. Si diceva che avessero il gravoso compito di custodire gli iscusorzos, i tesori, ma non sempre ci riuscivano”.
La storia va avanti con il matrimonio di Orsola, poi con la morte del padre Salvatore, che le straziò il cuore fino alla morte. Il tesoro non fu mai ritrovato, neppure dai figli di Orsola, e la casa pian piano venne abbandonata. Solo dopo la prima guerra mondiale la casa venne ampliata e abitata da Lorenzo, figlio di Orsola. Pare che anche una sua figlia vide il folletto rosso, e che le voci e i rumori continuarono fino a che Lorenzo non disseppellì dal giardino i resti di un prete che un tempo visse in questa casa e li buttò in Sa Ucca Manna.
La storia della casa, tra sparizioni di oggetti (sarà il folletto?), va avanti fino al giorno d’oggi. Devo ammettere che quando giro la chiave per entrare al buio nel cortile, e salgo le scale verso il mio alloggio, ho il cuore che batte forte e le orecchie aguzze per captare ogni singolo suono… ma sono talmente stanco che non appena mi sdraio sul letto crollo, e l’unico rumore che mi sveglierà sarà il mio stesso russare!