
308/377: Morgongiori
ISPIRAZIONE

È una giornata radiosa e affronto fiducioso la leggera salita che da Ales mi porta a Morgongiori, sul verde e lussureggiante versante sud-occidentale del Monte Arci. Il paese è silenzioso, con le sue case in trachite e basalto, materiali lavici provenienti dalle attività millenarie di quello che un tempo era un grosso complesso vulcanico.
Arrivo alla chiesa di Santa Maria Maddalena, costruita, come testimonia una pietra scolpita in una delle cappelle laterali, nel 1673. Poco distante, nel bell’edificio che un tempo ospitava il Municipio, si trova il MuVat, Museo Vivente dell’Arte Tessile.

Due ragazze del Servizio Civile mi accolgono e mi guidano attraverso le sale che contengono arazzi e tappeti realizzati con telai antichi. Le tecniche di tessitura secolari, tramandate da madre in figlia, sono diverse da quelle che ho finora visto: qui la lavorazione è quella “a briabi” o “a lauru”. Entrambe danno luogo a dei disegni unici, che purtroppo non posso catturare su foto per il divieto che vige di fotografare. Le ragazze mi spiegano che le tessitrici di Morgongiori non vogliono che i loro disegni vengano copiati per essere poi usati nella realizzazione prodotti “falsi”.
Uscito dal Museo mi fermo in una piazzetta-parco giochi da dove posso ammirare il panorama dell’Alta Marmilla che degrada verso la Bassa Marmilla, bordata dalla Giara di Gesturi.

Tramite passa parola sono riuscito ad avere un contatto, Marco, che vive a Cagliari, ma i cui genitori abitano qui e sono ben lieti di ospitarmi. Arrivo dunque a casa di Alfredo e Carla poco prima di pranzo. Il menu consiste in lorighittas al sugo, la pasta tradizionale locale fatta a mano. Sono fortunato perché riusciamo anche a far visita alla vicina di casa che sta pazientemente avvolgendo i doppi fili di pasta nella tipica forma ad anelli.
Nel pomeriggio Alfredo mette in moto la sua jeep super spartana per portarmi a visitare il territorio del Monte Arci, facente parte del Parco Geominierario della Sardegna, vero e proprio gioiello naturalistico alle spalle del paese. Percorriamo una strada che passa vicino a Sa Scaba ‘e Cresia, uno tra i siti archeologici più suggestivi, perché, come per il villaggio di Tiscali, per arrivarci bisogna fare un po’ di peripezie.
Questo tempio nuragico infatti è all’interno della grotta de is caombus (dei colombi), una grossa spaccatura nella roccia vulcanica, e a causa di un crollo per accedervi bisogna essere accompagnati da speleologi. Dunque oggi non riesco a vedere la scalinata basaltica costruita dai nuragici, incastonata millimetricamente nella spaccatura e che porta al tempio a pozzo. Metto questo sito nella lista dei “grandi assenti” di questo viaggio, luoghi da vedere più avanti, con priorità assoluta!

La salita in cima al monte è contornata da lecci, sughere, macchia mediterranea e da bagolari, alberi spontanei chiamati anche spaccasassi per la loro abilità di radicarsi anche su terreni rocciosi. Giunti alla sommità attraversiamo un ruscello e raggiungiamo una zona pianeggiante dove la vegetazione è rarefatta e le rocce trachitiche costituiscono un paesaggio quasi lunare: è la piana di Is Benas.
Non lontano da qui, immersa nel verde, si trova la comunità Le Sorgenti, per il recupero dei tossicodipendenti. Una vasta pineta, segno di un rimboschimento recente, ci ricorda dei grandi incendi che nel 1983 devastarono i boschi di questo territorio, Morgongiori, Ales, Pau, Villa Verde. Mentre una serie di pali bianchi che puntano alti verso il cielo ci ricordano del progetto per un parco eolico mai concretizzatosi e che ha lasciato questi orribili testimoni.

Arriviamo alla vedetta della forestale di Conca Mraxi, che domina tutto il versante sud del monte. Il guardiano ci fa salire e ancora una volta, con il forte vento che mi scombussola barba e capelli, posso contemplare i territori che mi aspettano negli ultimi mesi di viaggio. Guidiamo poi fino alla base della Trebina Longa, la vetta più alta del Monte Arci che supera gli 800 metri di altezza sul livello del mare, uno degli spuntoni rocciosi visibili perfino dalla 131, da dove sembrano sbucar fuori come tronchetti da una distesa di verde.
Sa Trebina Longa, insieme a Sa Trebina Lada e Su Corongiu de Sizoa, è un vecchio condotto vulcanico fossilizzato. Letteralmente la lava si è solidificata nella bocca del vulcano, e quest’ultima poi erosa ha lasciato in evidenza queste strutture a forma di collo, e per questo chiamate neck in gergo geologico. Poco distante da qui un’ampia zona rocciosa costituisce una delle basi militari americane strategiche per l’utilizzo di radar correlati con la base di Capo Frasca, anche se da tempo ormai non sembra venire utilizzata.

Dalla Trebina Longa percorriamo la valle di Capu d’Aquas che scende verso il territorio di Marrubiu. Una strada stretta e sconnessa serpeggia tra i boschi ricchi di sorgenti in un versante, mentre l’altro è roccioso e spoglio di vegetazione. La luce del sole che tramonta in direzione del Golfo di Oristano filtra nel bosco, illuminando tutto di un forte arancione, e ci ricorda che è ora di rientrare in paese.

Ci fermiamo solo in prossimità di una cava di pietra pomice dismessa. Alfredo mi mostra una galleria scavata a mano tempo fa da un signore convinto di trovarci l’oro, mentre alla base di un fronte di cava si trova un tiro a segno fatto di bidoni metallici, dove per due anni si è svolto un memorial in ricordo di una ragazza morta in un incidente stradale. Finalmente, al crepuscolo, arriviamo sfiniti a casa dopo questo incredibile giro, un anello che nella mia testa ha esattamente la parvenza di una lorighitta!
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
La mia barba, nonostante la “spuntatina” datagli mesi fa a Orotelli da Franco, è lunga e disordinata, ma sono intenzionato a tenerla fino alla fine del viaggio. Ma non è nulla a confronto di quella bianca di Alfredo, la barba più lunga che ho visto in vita mia. Alfredo non la taglia da quando aveva diciott’anni. Se la fece crescere da subito, appena adolescente, ma la madre lo convinse a radersela per l’esame di maturità.
Da allora non l’ha più tagliata. Neanche una volta. Gli chiedo come faccia a gestirla e lui mi dice che semplicemente a furia di crescere a un certo punto le estremità dei peli si indeboliscono e si biforcano fino a rompersi da soli. Un metodo di “spuntatura” naturale dunque!
Alfredo è nato a Genova. Dopo la maturità e quel traumatico taglio di barba Alfredo inizia la lunga lotta degli obiettori di coscienza. Nel 1974, dopo vari tira e molla riesce a evitare il servizio militare scegliendo Morgongiori come destinazione del suo servizio civile (allora ancora non istituzionalizzato formalmente). Fino al gennaio 1976 gestisce la Scuola Popolare, proposta da lui stesso al Ministero della Difesa. Era un servizio civile autogestito. “Bei tempi quelli” ricorda Alfredo “quando con la lotta si riuscivano ad ottenere cose oggi impensabili. Ma c’era stato il 68”.
È qui a Morgongiori che inizia a innamorarsi di questo territorio, del Monte Arci, e a dedicarsi alla salvaguardia e valorizzazione di questi territori. E una volta incontrata Carla e messa su famiglia Alfredo sceglie Morgongiori come meta finale. Ritornerà spesso a Genova, inclusa la volta del G8 nel 2001 per partecipare alle proteste.
Oggi non potevo avere guida migliore. Alfredo ha fatto parte delle squadre che hanno aperto tutta la sentieristica attualmente esistente su buona parte del Monte Arci. Prima di ripartire mi regala una cartina naturalistica del parco, alla cui realizzazione ha partecipato, e mi saluta con queste parole: “mi raccomando, non ascoltare gli altri, non cedere alle tentazioni, anche dopo la fine di questo viaggio…non tagliarti la barba!”.