
312/377: Pompu
ISPIRAZIONE

Un breve tragitto tra le colline della Marmilla mi porta da Masullas a Pompu, incastonato in una vallecola. Appena arrivo mi accolgono il Sindaco Moreno con la moglie Vanessa. Conosco già Moreno perché fratello di Salvatore, mio caro amico e collega contrabbassista.
Dopo essermi sistemato al Centro di Aggregazione Sociale dove pernotterò, ci dirigiamo alla Casa del Pane, una bellissima vecchia casa padronale divenuta un museo multimediale. Qui posso ammirare una serie di filmati sulla produzione del pane, in ambienti ben allestiti con attrezzature e materiale vario, incluse alcune tipologie di grano. Oggi è domenica e al di fuori del museo, in un loggiato che affaccia sull’ampio cortile, si sta preparando il pane.
Mentre le donne impastano, e i bambini giocano intorno, è lo stesso Moreno che inforna il pane nel forno a legna, tenuto pulito da scopette di frasche di lentisco. Osservo incuriosito il fuoco e il pane che cuoce e che viene prontamente tirato fuori e messo da parte per essere mangiato più tardi.

Mentre indosso la maglietta “Pompu & Friends” prodotta dalla Pro Loco e regalatami da Ida, faccio fatica per un dolore al braccio che ormai da un po’ di tempo mi affligge (PS solo alla fine del viaggio mi verrà diagnosticata una epicondilite acuta, gomito del tennista, che a tutt’oggi, più di un anno dopo, non è ancora del tutto guarita). Viene subito interpellata Mariangela, una donna che mi massaggia schiena e braccio, alleviando un po’ la tensione muscolare.
Poi vengo preso in consegna da Anna Maria Ardu e Lorenzo che mi portano in giro per il paese. Anna Maria è autrice del volume “In Pompu” che raccoglie fotografie storiche del paese (una collana di libri di autrici femminili dell’editore Documenta che ho già trovato in altri paesi).

Passeggiando nella strada principale noto dei pannelli fotografici appesi sulle mura in pietra delle base case, come ho visto a Mogoro qualche giorno fa. Si tratta infatti delle opere del BiFoto Festival, creato a Mogoro da Stefano Pia, che è stato esteso anche ai paesi limitrofi.
Arriviamo alla chiesa parrocchiale di San Sebastiano, una costruzione moderna, ma che conserva delle statue settecentesche del santo patrono. Qui viene tenuta anche la statua della Madonna di Monserrato, originariamente nella chiesa di Santa Maria poco distante e attorno alla quale nacque il primo nucleo del paese.

Sul lato dell’ingresso dell’antico santuario si trovano ancora dei simboli, impronte di pellegrino. Questo luogo era infatti meta di pellegrinaggio e i primi abitanti che vi si insediarono e ogni anno rinnovavano la fede alla Madonna con la processione (in latino pompa) vennero chiamati pompesi. Accanto alla chiesa si trova l’oratorio, dove nacque Radio Pompu, dalle cui ceneri sorse poi Radio Alta Marmilla di Ales, e successivamente Radio Marmilla Popolare.
Proseguiamo la passeggiata verso la Piazza San Sebastiano, dove un tempo si trovava una chiesetta scomparsa a metà del Settecento. Superiamo la casa del capitano Nicolò Leo, uno dei sei militari pompesi caduti nella Prima Guerra Mondiale.

Per pranzo ci fermiamo a casa della famiglia di Moreno, che già conosco da tempo. La signora Pina è, tra l’altro, un’abile tessitrice, e mi mostra una serie di bellissimi arazzi prodotti nel suo laboratorio accanto alla casa.
Nel pomeriggio prendiamo la macchina per raggiungere il Nuraghe Santu Miali. Il sito è ancora da scavare, ma già dal poco che si intravede s’intuisce l’importanza della struttura, una torre centrale circondata da un cortile racchiuso in un recinto quadrilobato di grandi massi di pietra giallissima.

In serata una buona parte della popolazione mi attende nel cortile della Casa del Pane per un’esibizione accompagnata dai racconti del viaggio. Al termine di questa ci rechiamo al Centro di Aggregazione Sociale per una cena organizzata dalla Pro Loco. Il piatto forte è la pasta tallutzas, delle sorte di monete che ho visto preparare a mano durante la mattinata alla Casa del Pane.

E, nei corridoi del Centro abitato, alcuni pannelli ne indicano dettagliatamente tutte le genealogie. In un muro vedo appeso anche il calendario prodotto dalla Pro Loco, sul quale sono indicati tutti i compleanni dei poco meno di trecento abitanti del paese più “sperduto” della Sardegna.
FRAMMENTI SONORI
Srabadoi
BREVI NOVELLE SARDE

Chissà perché è stato scelto proprio Pompu per indicare un luogo lontanissimo nel detto “a casin’e Pompu”. Questo modo di dire, a dire la verità non tanto amato dagli abitanti, è talmente radicato nel colloquiare informale (soprattutto campidanese) che esiste una parte di sardi che non ne sospettano minimamente l’esistenza e che rimangono stupefatti quando scoprono che un paese della Sardegna chiamato Pompu esiste davvero.
Un po’ timidamente chiedo l’origine di questo detto, e mi rispondono che un tempo, quando esisteva la diocesi di Usellus, Pompu era il luogo più distante dal centro della diocesi e per questo “ti mando a Pompu” voleva dire venire spediti nel luogo più remoto della diocesi. Come questo poi si sia esteso a essere un vero e proprio modo di dire non è chiarissimo.
Ricordo che Salvatore mi raccontava di quanti cagliaritani andavano a farsi la foto al cartello d’ingresso di Pompu per dimostrare agli amici l’esistenza di questo luogo quasi “mitologico”, mentre i ragazzi pompesi, allontanatisi dal baretto poco distante, si nascondevano tra i cespugli per accogliere l’ignoranza dei “casteddai” con un bel lancio di uova!