314/377: Gonnosnò
ISPIRAZIONE
Percorro la breve distanza tra Curcuris e Gonnosnò sulla ex ferrovia che da Ales portava a Villamar. Un percorso tutto piano che serpeggia con dolci curve tra le colline della Marmilla, fino ad arrivare ai piedi della Giara di Gesturi, che da qualche settimana ormai fa parte del mio campo visivo quotidiano.
Arrivato in Municipio mi accolgono il Sindaco Mauro col tecnico comunale Giorgio pronti a portarmi a fare un giro del territorio. La prima tappa è la frazione di Figu che ho già attraversato in bicicletta. Avevo notato la bella chiesa della Natività di Maria Vergine sopra una collinetta.
Figu è stato il primo paese dove, nel 1678, è stato fondato il Monte Granatico, ovvero il banco del grano. Fu comune indipendente fino al 1928 quando, insieme a Gonnosnò divennero frazioni del comune di Baressa, per poi staccarsi nel 1947 come comune di Gonnosnò.
Non lontano da qui, in località San Salvatore, si trova un tempio nuragico a pozzo nel quale l’acqua è tuttora presente. Si pensa che questo fosse il nucleo originario del paese preistorico, ormai scomparso.
Raggiunto un pianoro sopra San Salvatore arriviamo al sito di Is Lapideddas. Come si intuisce dal nome questo era un luogo di sepoltura. Si trovano quattro tombe dei giganti, purtroppo non in ottime condizioni, ma di una di loro ancora si riconosce la forma circoscritta da grossi massi di pietra.
Rientrati in paese vengo preso in consegna da Simona, la vigilessa del comune, che mi porta sul versante della Giara di Gesturi appartenente al comune di Gonnosnò. Come ho potuto appurare nelle settimane precedenti sono parecchi i comuni il cui territorio ricade in un versante della Giara, ma la sommità è ripartita solamente tra i comuni di Genoni (che ho visitato), Gesturi, Tuili e Setzu.
Arrivati alla cima parcheggiamo e, superato un cancello, entriamo in uno dei grandi “pauli”, i laghetti naturali, che in questo periodo sono completamente secchi. Spero di vedere qualche cavallino della Giara, ma incrociamo soltanto capre.
Arriviamo al Nuraghe Nieddu. Se è vero che il comune di Gonnosnò non ricade sulla sommità della Giara, tuttavia possiede questo importante monumento archeologico posizionato proprio su uno spuntone roccioso (e quindi tecnicamente sul versante!) che si affaccia su tutta l’Alta Marmilla e sul Monte Arci.
Accanto al nuraghe si trova una costruzione spartana, in pietra, una sorta di pinnetto moderno con un cortile intorno. Sembra proprio che alcune delle sue pietre provengano dal nuraghe stesso. Simona mi spiega che qui abita Filippo, unico abitante della Giara di Gesturi. I suoi antenati vissero sempre qui, e lui, una volta morti i genitori, ha deciso di restarci, ignorando l’offerta di un alloggio nel centro abitato da parte del Comune.
Mentre discendiamo la strada per tornare alla macchina incrociamo proprio Filippo, che ha rotto l’apixedda e che se ne sta risalendo a casa seguito da un cane simpaticissimo e con due pesanti sacchi sulle spalle!
Si è fatta ora di pranzo. Simona mi invita a pranzo con lei e Gabriella l’assistente sociale nel loro ufficio in Municipio. E subito dopo vengo raggiunto da Fabrizio, titolare di Biccius Bike che mi aveva già fatto un check-up alla bicicletta nella ormai lontanissima giornata di Marrubiu. Fabrizio è venuto col furgone e si tratterrà qualche ora a fare delle riparazioni e mettermi a punto la bicicletta che ormai, come le mie articolazioni, inizia a soffrire questo viaggio!
L’ultima visita del paese è insieme ad Andrea, un ragazzo appassionato di storia del paese. Ci rechiamo alla Casa Atzori dove si trova il Museo Etnografico della Civiltà Contadina. Su un cortile ben ristrutturato di affaccia una serie di ambienti e una bella casa in pietra all’interno della quale si trovano esposizione di oggetti della vita passata e ricostruzioni fedeli degli ambienti, come cucina, stanze da letto, inclusi alcuni abiti tradizionali).
Passeggiando poi per le vie del paese in attesa che Fabrizio ultimi la riparazione ammiro le case in pietra chiara, gli innumerevoli portali in legno sovrastati da archi in pietra, le ornamentazioni aragonesi di alcune finestre e porte, i cortili delle case ricchi di alberi da frutta, arrivando alla chiesa di Sant’Elena con una sobria facciata e un alto campanile che si staglia contro il tramonto.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Mentre percorro la vecchia strada ferrata mi chiedo che linea ferroviaria passasse da qui. In questo viaggio sono venuto a conoscenza e ho percorso molti tratti di vecchie linee ferroviarie a scartamento ridotto, ma questa mi mancava.
La storia delle vecchie ferrovie in Sardegna mi affascina sempre di più. Cerco notizie su queste due linee. Il bel sito http://www.lestradeferrate.it/mono41.htm mi illumina:
“La Isili – Villacidro e la sua diramazione da Villamar per Ales furono le prime ferrovie secondarie ad essere realizzate in Sardegna nel XX secolo; la loro progettazione ebbe inizio negli anni ’10 da parte degli ingegneri Gracco Tronci, Stanislao e Dionigi Scano delle Ferrovie Complementari della Sardegna (FCS) […].
L’intenzione era quella di realizzare un tracciato destinato a collegare il territorio del Sarcidano nel Nuorese all’area del Campidano nel Cagliaritano, con un tratto intermedio passante attraverso la Marmilla. […]
L’apertura delle due nuove linee FCS avvenne il 21 giugno 1915. […]
Non disponiamo di notizie certe sulle suddette ferrovie in merito alle loro vicissitudini tra gli anni ’30-’40; […]
Nell’immediato dopoguerra, la situazione per le FCS si era talmente deteriorata da costringere a ridurre il servizio ferroviario sulle due linee della Marmilla a una sola coppia di corse giornaliere o, addirittura, a corse trisettimanali. […]
Ma già agli inizi degli anni ’50 al Ministero dei Trasporti cominciarono a germogliare idee nuove, volte a incrementare in Italia i collegamenti pubblici su strada a scapito di quelli ferroviari: fu così che i solerti burocrati del suddetto dicastero iniziarono con metodica tenacia a individuare i primi “rami secchi” da sottoporre alla mannaia del boia. Una volta trovato l’obiettivo da colpire, tutto il resto non fu che la logica conseguenza; […]
L’ingloriosa fine per le due tratte delle FCS (le prime a essere sacrificate in Sardegna) arrivò il 1º luglio 1956 con il provvedimento di chiusura di ambedue i percorsi, i cui binari furono presto integralmente rimossi […]”