Isili

335/377: Isili

ISPIRAZIONE

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Isolotto nel lago Is Barrocus

E un’altra zona della Sardegna è andata. Mi allontano da Gesturi e dalla Giara lasciandomi dietro la Marmilla e il ricordo della sua ricchezza e varietà. Da oggi mi avvio verso le ultime zone “alte” della Sardegna, e ciò vuol dire davvero le ultime salite del viaggio.

E quella di oggi è una bella salita, una strada interna che risale arrivando al lago artificiale di Is Barrocus, proprio dietro Isili. Uscito da Gesturi mi lascio indietro la chiesetta della Madonna d’Itria, costeggio delle importanti cave di sabbia, poi Sa Stiddiadroxia, una roccia dalla quale scende una cascata, oggi purtroppo quasi a secco. Da qui inizio a salire lentamente mentre inizia a piovere.

Costeggio una zona boscosa, pian piano la pendenza aumenta, finché mi ritrovo sulle sponde del lago. Lo costeggio, ammirando l’isolotto calcareo che sta al centro, con la chiesa di San Sebastiano nella sua sommità, un luogo magico anche se con questi colori un po’ spettrale.

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Nuraghe Is Paras

Da qui poi mi immetto nella statale che entra in paese, accanto alla quale si trova la stazione ferroviaria di Sarcidano, lungo la linea del Trenino Verde che collega Isili con Sorgono. La strada attraversa una suggestiva vallata famosa per le sue pareti calcaree attrezzate per l’arrampicata sportiva, oltre trecento vie chiodate che attirano free climber professionisti da tutto il mondo.

Prima di entrare in paese, proprio a ridosso degli impianti sportivi, mi fermo a visitare il nuraghe Is Paras, uno dei pochi in Sardegna costruito con calcare e quindi bianco. I ragazzi alla reception mi fanno da guida attorno a questo fenomenale monumento. L’interno della torre centrale, a tholos, è la più alta della Sardegna, circa dodici metri. Le altre tre torri sono crollate, ma si vede chiaramente la struttura muraria e il corridoio che univa una di queste torri a quella centrale. Tutt’intorno i resti del villaggio aspettano ancora di essere scavati. Ma parlerò più avanti della caratteristica più sensazionale di questo nuraghe (e di molti altri).

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Centro storico

È già ora di pranzo ed entro finalmente a Isili, vera e propria cittadina del Sarcidano, che ospita perfino un’importante struttura ospedaliera e una colonia penale fuori dall’abitato. Mi dirigo alla Libreria Nuova Godot dove, alla chiusura, mi stanno aspettando i proprietari Marcella e Gigi che mi ospiteranno per la giornata.

L’autunno è arrivato, spero che non sia come lo scorso, alla mia partenza, quando la pioggia mi ha accompagnato per i primi mesi di viaggio. La giornata è uggiosa, piove, il cielo si apre per un po’, ma poi si ricopre, non certo ideale per visitare il territorio circostante.

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Chiesa di San Giuseppe Calasanzio e convento

Dopo un ghiotto pranzo al RistoBar da Pippo (Post Scriptum 2021: gentilmente serviti da Graziano, recentemente scomparso…RIP), Marcella e Gigi riaprono la libreria e io ne approfitto per esplorare il centro storico partendo dalla chiesa di San Giuseppe Calasanzio, edificata tra la fine del Seicento e Settecento per volontà dei Padri Scolopi accanto al loro convento, i cui locali oggi ospitano l’importante Museo per l’Arte del Rame e del Tessuto. Così come l’esterno, anche l’interno dell’edificio è bellissimo, e i corridoi e gli ambienti sono allestiti con i prodotti di quella che qui è stata un’importante produzione, il rame.

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Arazzo con tessuto e fili di rame al Museo per l’Arte del Rame e del Tessuto

Non solo viene ricostruita la bottega del ramaio, con tutti i macchinari e utensili, ma sono in mostra tutta una serie di prodotti particolari e bellissimi, che intrecciano il filo di tessuto a quello di rame, producendo arazzi che brillano di riflessi ramati. Si tratta di opere contemporanee dell’artista Dolores Ghiani che reinterpretano la tradizione. Uno di essi è ispirato al romanzo Maria di Isili di Cristian Mannu.

Dall’altra parte del piazzale del Museo si trova il Municipio. E da oggi iniziano delle nuove ricerche genealogiche, questa volta non del ramo Dessanay, ma del ramo in mia nonna materna Gherita Raspi. Nonna (Post Scriptum 2: 101 anni durante il mio viaggio, purtroppo scomparsa nel 2020) raccontava che suo nonno materno, tale Eugenio Mundula, era notaio a Isili.

Mi reco dunque all’anagrafe dove un’impiegata fa qualche ricerca, trovando tantissimi Mundula, quasi tutti originari di Ozieri poi trasferitisi in questa zona alla fine dell’Ottocento, ma non riuscendo a trovare Eugenio. Pazienza, ritornerò con più calma, spero di trovare qualcosa domani a Gergei, dove nacquero i figli di Eugenio, inclusa mia bisnonna Pietrina.

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Ruderi di Casa Pisano

Chiusa la parentesi genealogica proseguo il mio giro in paese, attraversando i vicoli del centro storico e arrivando ad un isolato con una serie di abitazioni diroccate, ma in qualche modo ordinate, che scopro essere i ruderi di Casa Pisano, che il Comune ha “ristrutturato” e messo a disposizione per eventi culturali.

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Oggetti in rame nella bottega di Luigi Pitzalis

L’ultima tappa, quella che fornirà ispirazione e suono per il frammento musicale di oggi, è dall’ultimo ramaio rimasto a Isili, Luigi Pitzalis. Mi accoglie nella sua bottega dove con lui lavora il figlio Andrea che traghetterà quest’arte alle generazioni future. Luigi mi mostra la bottega, e come dal materiale grezzo si passi poi alla lavorazione.

E poi mi dimostra la parte più affascinante che rende questi oggetti unici, la rifinitura dei dettagli. Prende un recipiente che presenta la superficie liscia, la poggia su un supporto in metallo e inizia a creare i bordi col martello. Poi con una precisione millimetrica, iniziando dal centro del fondo inizia un battito costante e la lenta rotazione del recipiente. Dal recipiente “anonimo” si passa così a una vera e propria opera d’arte, che Luigi adatta oggi ai tempi moderni.

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Tutto pronto alla libreria Nuova Godot per la mia esibizione

La giornata finisce con la mia esibizione organizzata dall’associazione Biblos alla libreria Nuova Godot. Ci sono tante persone, anche volti conosciuti, e alla fine dei racconti e dei frammenti sonori lo spazio viene occupato da una tavolata che ci tiene occupati a mangiare e bere fino a tardi. E per non dimenticare la libreria e Isili vengo omaggiato di una copia di Maria di Isili. E durante le mie ricerche su questa cittadina scopro dell’esistenza di un altro libro interessante.

 

FRAMMENTI SONORI

Improvvisazione sul martello di Luigi Pitzalis

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BREVI NOVELLE SARDE

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Interno del nuraghe Is Paras

È impossibile condensare in questo breve spazio il contenuto del libro Il contadino che indicava la luna di Paolo Littarru, quasi trecento pagine volte a raccontare e supportare in maniera dettagliata e scientifica le tesi di colui che viene chiamato il contadino-archeologo di Isili, Mauro Peppino Zedda.

Il mio viaggio è inevitabilmente e profondamente intriso di archeologia, quella ufficiale, accademica, quella raccontata dalle guide professioniste, e poi quella non-ufficiale, raccontata da appassionati, persone comuni, spesso senza nessun fondamento scientifico, quella che viene chiamata “fanta-archeologia”.

Ma le tesi di Mauro Peppino Zedda si fondano sull’archeoastronomia, una vera e propria scienza, e sono basate su una serie di osservazioni sui monumenti archeologici nuragici che li vedrebbero costruiti e allineati secondo dei criteri astrali.

È al nuraghe Is Paras che Zedda osserva il fenomeno della luce che passa dal foro apicale della torre centrale (successivamente “tappato” dalla Soprintendenza) e che nel solstizio d’estate va a illuminare un preciso punto della stanza interna. Ma questo è solo uno dei fenomeni, perché durante i solstizi, così come nei lunistizi, il sole e la luna sorgono o tramontano su allineamenti orientati di nuraghi lungo tutta la valle del Rio Brabaciera.

Il dettagliato studio di Littarru mette in evidenza come le osservazioni di Zedda, che sono poi diventate veri e propri studi scientifici pubblicati su riviste internazionali (tra cui il Journal for the History of Astronomy edito a Cambridge) e presentate a importanti convegni di archeoastronomia, supportati da eminenti scienziati, metterebbe in discussione il paradigma del nuraghe-fortezza, quello che Littarru definisce paradigma Taramel-lilliano, dal nome dei suoi più celebri sostenitori, gli archeologi Antonio Taramelli e Giovanni Lilliu. Il nuraghe non sarebbe più da considerare una costruzione bellica, ma bensì sacra. Nuovo paradigma fortemente osteggiato dall’archeologia accademica.

Mi propongo di leggere con maggiore attenzione Il contadino che indicava la luna, ma vi lascio con le conclusioni di Littarru:

“Il contadino di Isili ha fondato un nuovo paradigma, ha letteralmente indicato la Luna, ma gli archeologi sardi da più di venticinque anni si soffermano sul dito!

[…] Oggi occorre che gli archeologi sardi dismettano il sarcasmo, rompano il silenzio sul cambio di paradigma in corso, prendano atto dell’inequivocabile pensiero astronomico dei nuraghi e si pronuncino in merito alla questione dell’archeoastronomia, base di partenza per nuovi studi. […] Li esortiamo parafrasando Alberico Gentili: Parlate, o archeologi in una faccenda che vi riguarda.”