
366/377: San Sperate
ISPIRAZIONE

Pedalo ormai stanco attraverso questo territorio fertilissimo, ricco di agrumeti, dove un tempo l’acqua e il fango erano l’unica presenza. Arrivato a San Sperate Lucia, Manuela e Daniele dell’associazione No Arte mi accolgono e si prenderanno cura di me per tutta la giornata.

Nonostante la giornata fredda e umida, con qualche sprazzo di pioggia, Daniele mi porta in giro per questo “paese museo” che negli anni ha visto transitare artisti da ogni parte del mondo, molti dei quali hanno anch’essi, oltre agli artisti locali, lasciato un segno importante tra le case.

La piazza Gramsci è una sorta di snodo centrale del paese, accanto al quale scorre il Rio Concias prima di sfociare nel Rio Mannu. In parte interrato in parte aperto, il letto in cemento di questo canalone è stato completamente dipinto dai bambini delle scuole, segnale di quanto l’arte muralistica abbia impregnato l’intera comunità.

Poco distante dalla piazza Gramsci si trova il Giardino Megalitico, ricco di sculture in pietra ma non solo. Un monumento in metallo ricorda l’inizio del movimento artistico giovanile, avviato da Pinuccio Sciola a fine anni Sessanta. Vennero invitati svariati artisti per arricchire i muri del paese di opere d’arte. Tra i murales che osservo, uno di un’artista tedesca, realizzato nel 1969. Questo periodo è ben documentato dalle foto di Nanni Pes.
I murales e le opere di arte urbana non si contano. Tra le opere anche tante dell’artista Raffaele Muscas. È incredibile cosa si possa essere creato a partire da pochi artisti. Perfino il fondo di alcune strade è dipinto, una sorta di percorso che vuole unire i vari quartieri dell’abitato. Daniele mi racconta che a San Sperate c’è sempre stato un bel rapporto, quasi familiare, tra gli artisti, anche quelli stranieri, e la comunità. Perfino il noto fotografo argentino Pablo Volta decise di venire a lavorare qui, poi ci rimase, e ci morì nel 2011.

Finiamo il giro alla chiesa di San Giovanni Battista, attorno al quale si trovava un insediamento punico, alla chiesetta romanica di Santa Lucia, e poi in piazza Croce Santa, dove viene ricordata la terribile alluvione del 1890 che fece 82 vittime.

Nel teatrino dello Spazio Antas l’associazione No Arte ha organizzato un evento per il mio passaggio. Nel buio e nel silenzio riecheggiano la mia voce nasale e i bassi dell’ukulele che per l’occasione suona la terra, il fuoco e il mare che si avvicina.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE

Il museo all’aperto dell’immenso scultore Pinuccio Sciola è diventato il Giardino Sonoro. Sembra di essere in una città di pietra. Calcari bianchissimi, basalti scuri, qualche granito: li sceglieva lui personalmente nelle cave e li faceva tagliare da un uomo di fiducia, per poi lavorarli. Le sue sculture sono eleganti, misteriose, bellissime, ma in più hanno un segreto: il suono. Secondo Pinuccio, che andai a trovare pochi anni prima che scomparisse per una possibile collaborazione, le pietre hanno in sé un suono intrinseco, che va solamente liberato: i calcari quello del mare da cui provengono, i basalti il fuoco da cui sono stati generati.
Oggi ho l’onore di accoppiare il mio ukulele al basalto suonato dall’amico compositore Andrea Granitzio, collaboratore della Fondazione Sciola che promuove la memoria e il messaggio di Pinuccio. Le note dell’ukulele e quelle dello scuro basalto si librano nell’aria fondendosi al forte vento freddo che soffia da nord-ovest.
