Soleminis

371/377: Soleminis

ISPIRAZIONE

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Chiesa parrocchiale di San Giacomo

Oggi gioco in casa. Nessun viaggio. Sono qui da ieri notte, finalmente comodo a casa dei miei genitori, dopo un giorno di meritato riposo. Manca solo una settimana alla fine del viaggio e questa pausa mi sta ricaricando per godermi il finale pieno di energia.

Appuntamento alle 10 con Davide, un amico e collega di studi nel corso di contrabbasso al Conservatorio di Cagliari, che vive qui a Soleminis dall’età di 13, ma nato a Cagliari e vissuto in Sicilia, poi a Nuoro, prima di approdare in questo ridente paesino a due passi da Cagliari. Una storia simile alla mia, solo che Davide adesso è specializzando in medicina e il contrabbasso rimane nella sua stanza, in attesa un giorno di essere ripreso a studiare seriamente!

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Soleminis visto dal Monte Arrubiu

Iniziamo il giro in bicicletta uscendo dal paese in direzione Monte Arrubiu. Conosco bene queste colline, quasi montagne, avendole rilevate tutte nel dettaglio per la mia tesi di laurea in geologia, e poi ci son venuto spesso, sia in bici che a piedi, ogni volta che desideravo tranquillità a osservare il panorama.

Finito l’asfalto entriamo nell’area della Forestale, e ci aspetta un po’ di sterrato, fino a raggiungere un caseggiato e la Madonnina. Essendo domenica, c’è un po’ di gente che passeggia e ci passano accanto dei bikers, probabilmente ignari del mio progetto. Saliamo a piedi tirandoci dietro le bici fino a un deposito d’acqua, dal quale si gode una vista spettacolare, e il paesino di Soleminis appare minuscolo sotto di noi.

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Centro storico

Riscendiamo in picchiata incrociando qualche cagnolino, per fortuna innocuo, e rientriamo fino alla chiesa parrocchiale di San Giacomo, dove è in corso la messa domenicale. Questo era il primo nucleo del paese e, all’interno della chiesa, si trovano dei preziosi dipinti e un crocifisso ligneo che mi riprometto di vedere in altra occasione. Soleminis è anche uno dei centri dove passa il Cammino di Santu Jacu, il Santiago sardo.

Riusciamo dal paese in direzione Sa Cavana, una località dove si trova qualche casa sparsa, inclusa quella conosciuta come “luogo misterioso”, dove in passato si organizzavano concerti ed eventi culturali, e dove son stati registrati svariati dischi di artisti sardi. Da qui possiamo anche ammirare la collinetta di Cuccuru ‘e Cresia, dove si trovano dei resti archeologici, chissà che anche qui non ci sia una Barumini nascosta, più grande dell’originale (il tormentone locale per ogni collina dalla Marmilla in giù!).

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Chiesa campestre di Sant’Isidoro

Costeggiamo le vigne delle tenute Pili, produttori di buon vino locale, e risalendo uno sterrato, che nell’ultimo tratto si fa ripidissimo, arriviamo alla chiesa campestre di Sant’Isidoro, altro punto dal quale, dall’alto, si vede il paese. Proseguendo per una strada bianca arriviamo alla sommità di una collina dalla quale finalmente la vista si estende fino a Cagliari e al suo territorio, inclusa la Sella del Diavolo, il mio traguardo finalmente in vista!

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Stazione del treno

Ritorniamo in paese proprio prima di pranzo, costeggiando per un po’ la linea ferroviaria e arrivando proprio alla stazione del treno, quello che un tempo da Cagliari, e ora da Monserrato, arriva fino a Mandas e a Isili, la tratta percorsa dallo scrittore inglese D.H. Lawrence che descrisse l’esperienza nel suo libro Mare e Sardegna.

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

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Murale alla sede dell’associazione Elisa Deiana

Vado a salutare i vicini di casa, Lucio e Clelia, dopo tanto tempo, per chiedere anche dei contatti in paese che mi possano raccontare qualche storia. Lucio mi mette in contatto col cugino Alberto, che con la moglie Paola hanno messo su l’Associazione Elisa Deiana, in ricordo della loro figlia, morta in un incidente stradale a soli 20 anni.

Proprio dall’altro lato della collinetta di Cuccuru ‘e Cresia, ai bordi del paese, sorge una bella struttura, la Casa di Elisa, dove mi reco per incontrare i signori Deiana, che mi accolgono e mi raccontano questa bella storia nata da una tragedia.

Alberto mi racconta che un giorno dopo la morte di Elisa, sfogliando tra tutte le carte della bellissima figlia, trovarono uno scritto di quando Elisa aveva solo 8 anni che diceva: “Riflessione: io ho tutto, però desidero avere una casa dove ospitare della gente che non ha casa, perché credo che sto facendo poco per loro. Io, non è che voglio una gran piscina, ma vorrei aiutare sempre le persone” (testo originale).

Gli organi di Elisa vennero donati subito dopo la morte, e il suo fegato fu utilizzato per il primo trapianto in assoluto in Sardegna. Da qui l’idea di onorarne la memoria con un’associazione che si dedicasse ad aiutare i trapiantati e le loro famiglie.

All’inizio con la vendita di piccoli oggetti, e poi con le donazioni del 5 per mille, pian piano Alberto e Paola riescono a poggiare la prima pietra di questa struttura nel 2011, e finalmente ad aprirla nel 2018, riuscendo a ospitare nel primo anno più di 700 persone, gratuitamente, e senza accettare nessun tipo di offerta.

Mi mostrano con orgoglio una delle stanze (l’unica libera), la cucina, la sala lavatrici, e il giardino esterno con un bell’ulivo secolare…Il “primo trapiantato della struttura” aggiunge Alberto sull’ulivo appartenuto al nonno e portato qui da quel terreno.

Racconto ad Alberto del mio viaggio, e di aver effettivamente visto in moltissime attività commerciali in tutta la Sardegna le colonnine in cartone con la faccia di Elisa, per la raccolta fondi dell’associazione.

Alberto mi racconta che ogni marzo, lui alla guida e Paola come navigatrice, si mettono in macchina per raggiungere tutti i comuni della Sardegna, per la consegna delle colonnine in cartone (che in questo momento alcuni volontari stanno confezionando in una sala della Casa di Elisa).

Li hanno visitati tutti e 377, svariate volte…Per amore della figlia.