
304/377: Usellus
ISPIRAZIONE

Uscito da Albagiara, dopo circa un chilometro arrivo al bivio per Escovedu, frazione di Usellus. Tiro dritto sperando di tornarci più tardi e affronto la leggera salita che mi porta a Usellus.
Qui mi attende Lucio, il vice Sindaco, che mi accompagnerà a visitare il patrimonio di questo paesino a vocazione agricola, un tempo importante centro di commercio con i fenici e punici di Tharros, poi colonia romana, Iulia Augusta, successivamente sede vescovile per un millennio e capoluogo di curatoria nel giudicato d’Arborea.

La prima tappa è alla chiesa di Santa Reparata, oggi dedicata a San Michele la cui statua troneggia sull’altare. Su questa collina, tutt’intorno alla chiesa, si ritrovano i resti archeologici della vecchia colonia romana Iulia Augusta Uselis e del villaggio successivo, che venne abbandonato dalla popolazione che si trasferì più in basso dove sorge l’attuale paese. La chiesa costituiva la cattedrale della diocesi di Usellus-Ales prima che questa diventasse di Ales-Terralba.
Non lontano da qui si trova il centro di educazione ambientale. Al suo interno visitiamo tre interessanti mostre. La prima è la ricostruzione di costumi romani allestita dall’Associazione Culturale Julia Augusta, abiti, accessori, armi. Poi una curiosissima collezione di trappole, appartenenti a Raimondo Orrù, da quelle per ogni tipo di animale e quelle per (purtroppo) umani, come le mine antiuomo. E infine la mostra naturalistica allestita dall’ente Forestas.

Visitiamo poi i resti di un ponte romano, un arco piccolo ma intero, che si può percorrere a piedi attraversando il corso d’acqua sottostante. Da qui poi ci dirigiamo sul versante orientale del Monte Arci, di cui 300 ettari rientrano nel Comune di Usellus. Raggiungiamo l’altopiano di basalto al confine col territorio di Villaurbana. Anche qui, come in molti altri comuni adiacenti il Monte Arci, si cavava l’ossidiana, l’oro nero dell’antichità.

In questa zona si trova la chiesetta romanica di Santa Lucia, del XII secolo. Attorno a essa un tempo sorgeva un importante convento ora scomparso, e qui passava la strada romana che da Cagliari, costeggiando Sardara, proseguiva verso Fordongianus e a nord verso Torres. La chiesa è chiusa, ma Lucio mi dice che l’acquasantiera porta il simbolo dei cavalieri di Malta.

Non lontano da qui, dopo aver camminato in mezzo alle sterpaglie umide, arriviamo al complesso nuragico di Motrox ‘e Bois, sul ciglio dell’altopiano, dove si trovano i ruderi di due nuraghi, uno di fronte all’altro a distanza di qualche decina di metri. Qui si trovava un villaggio nel quale vennero ritrovati scarti di lavorazione di ossidiana, forse un’officina per la produzione di armi/utensili.
Dopo aver camminato per il verdissimo bosco di S’Arroxiu, proprio ai piedi del Monte Arci, rientriamo in paese, dove è stato organizzato un grande pranzo dal comitato di Santa Reparata. La festa infatti si svolge proprio in questi giorni. Nella piazza un grande maiale ruota nel girarrosto, per la cena, mentre nelle tavolate del pranzo, dove ci accomodiamo, passano piatti di malloreddus al sugo, pecora arrosto e verdure, il tutto accompagnato da vino locale.

Nel pomeriggio passeggiamo per le vie del paese, visitiamo la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, all’interno della quale si trova un bellissimo crocifisso del Seicento, e poi ci rechiamo alla Biblioteca Comunale, negli stabili ristrutturati dell’ex-caseificio. Qui si trova una vastissima collezione di libri donata dagli eredi di Didaco Cossu, medico nativo di Escovedu.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE

L’ultima tappa è nella frazione di Escovedu. Sulla via principale, si trovano la chiesa di Sant’Antonio da Padova e la settecentesca casa padronale della famiglia Prinzis. Passeggiamo tra le viuzze del bel centro storico, tra vecchie case in pietra marnosa e affascinanti scorci, e arriviamo alla casa degli eredi di Didaco Cossu.
Un filo sottile mi unisce a questo personaggio. Due nipoti, Manuela e Costanza, figlie di Francesco, fanno parte di quella cerchia infinita di bambini coi quali sono cresciuto, avendo peraltro cugini in comune, e dunque una certa vicinanza familiare anche se non diretta.
Solo ora vengo a conoscenza della figura del loro nonno Didaco, anche grazie a un articolo pubblicato sull’Unione Sarda in occasione della sua morte, scritto da un giovane Sergio Atzeni, intitolato “Didaco Cossu, il lavoro come una missione”.
“A Pirri nel quartiere Barracca Manna c’è una strada dedicata a Didaco Cossu, medico e docente universitario e scrittore. Cossu nasce nel 1894 a Escovedu, frazione di Usellus oggi in provincia di Oristano, studia presso i Salesiani di Lanusei e di Alassio, poi medicina per due anni a Sassari e infine la laurea nell’università di Cagliari.
Inizia la professione come medico condotto a Fordongianus e Sant’Antonio Ruinas dove per cinque anni mostra la sua umanità, l’attaccamento alla professione e mette in campo le sue esperienze chirurgiche apprese nei due anni di assistente a Cagliari nella clinica diretta dal professor Baggio. Consegue nell’università di Roma la specializzazione in radiologia e conosce in quella città noti personaggi come i coniugi Curie e Gabriele D’Annunzio.
[…] A marzo del 1943, segue i reparti ospedalieri trasferiti a Villamassargia dove lavora in una scuola trasformata in ospedale e qui rinsalda l’amicizia e la collaborazione con il professor Angelo Garau che a Cagliari lo aveva salvato costringendolo ad abbandonare il suo studio di via Ospedale colpito un attimo dopo da uno spezzone che lo avrebbe ucciso.
Al professor Cossu per la sua competenza, per lo spirito di sacrificio e per il suo modo di considerare la professione medica come una missione, arrivano incarichi di prestigio. […] Per Didaco Cossu questi incarichi sono intesi come un doveroso impegno verso gli altri e rifiuta qualsiasi compenso e, quando è costretto ad accettarlo, lo distribuisce in beneficenza conservando sempre l’anonimato. Un medico “buono” dotato di un’innata umanità, sempre al servizio dei sofferenti e dei più deboli e pronto a qualunque sacrificio pur di essere d’aiuto al prossimo.
Cossu va in pensione nel 1963 […] poi alla fine degli ani ’70 viene colpito da un ictus. Per tanti anni viene assistito amorevolmente dai familiari e riceve continue visite di noti personaggi come Antonio Spanedda, Umberto Fanni, Domenico Corda ed Enrico Endrich. Muore a Cagliari il 25 novembre del 1982 e riposa nella tomba di famiglia del cimitero di Bonaria”.